Perché CX

Spesso sento definire la CX come “ultima vera Citroën”.
Questa affermazione non mi trova del tutto d’accordo. Mi spiego: la prima XM 3.0 V6 con il mitico servosterzo “DIRAVI” credo che abbia tutte le carte in regola per essere definita (l’ ultima ?) “vera” Citroën ed è un peccato che ciò non venga mai ricordato.
Come ben sa chi legge, altrove, le mie recensioni discografiche, sono bastian contrario e critico di natura, nel momento in cui prendo atto dell’esistenza di una tesi, mi do subito un gran daffare nel cercare di smontarla.
Forse sono poco simpatico, ma credo che il dubbio sia uno dei motori propulsivi della storia dell’umanità e pertanto sono lieto di esserne foriero e diffusore.

Non credo, quindi che la CX sia l’ultima Citroën, ma di una cosa sono certo, la CX è stata (e continua ad essere) una “grande” Citroën, ovvero una vettura che presenta concentrate in sé, quell’insieme di deliziose e (ahimè) forse irripetibili caratteristiche stilistiche e meccaniche che tanto abbiamo amato e continuiamo ad amare.
C’è una fotografia in una delle prime pagine del bel libro “La CX de mon pere” che presenta un prototipo pressoché definitivo del modello, l’anno è il 1972.
Avete presente il listino della gamma medio-alta del 1972? Eccolo: GS, DS, SM.
Si, capisco benissimo l’attimo di commozione e ne sono lieto, ma andiamo avanti.
Cosa si può prendere da questi tre modelli, il particolare che li accomuna e li rende unici nel parco automobilistico dell’epoca? Le sospensioni idropneumatiche, troppo ovvio.
Pensate adesso alla linea della GS….morbida, filante, moderna, elegante…e pensare che l’immenso Opron ha ottenuto questo risultato  in poco più di quattro metri! Ovvero su dimensioni da utilitaria o poco più.
Bene, utilizzando lo stesso canovaccio, ma con a disposizione 4,66 metri il capolavoro è compiuto.
E quel cofanone sontuoso non è stato forse stato ispirato dalla Deesse di mastro Bertoni?

A questo punto esaminiamo lo splendido coupè SM, bellissimo siluro, con un acuto stilistico delizioso e poco ricordato: la porzione di parafango posteriore asportabile, mi riferisco a quella parte di parafango che ricopre la ruota, come un ciuffo di capelli sugli occhi di una fanciulla, un particolare estremamente elegante, direi sensuale.
Viene mutuato qui per la CX, rendendo oltretutto più agevole il cambio ruota. Così come dalla SM viene l’ispirazione per la sfiziosa presa d’aria sul cofano motore.
E poi c’è il servosterzo, l’incomparabile e già ricordato DiRaVi.
Acronimo che sta per  “DIrection” (a) “RAppel” “asservVI”.
Questo prodigioso dispositivo, ben oltre trent’anni or sono permetteva al pilota, probabilmente in camicia a fiori e pantaloni a zampa d’elefante, di parcheggiare con un dito e di affrontare curve a 170 Km/h in tutta sicurezza. Infatti l’azione del servo era inversamente proporzionale alla velocità del veicolo: da fermo massima assistenza, a velocità elevate pieno e diretto controllo dello sforzo.
Per non dire del prodigioso ed emozionante ritorno nella posizione “0” (ovvero ruote diritte) anche a vettura ferma, il tutto accompagnato da un delizioso sospiro idraulico, musica per le orecchie di ogni essere umano facente parte del “popolo della CX”.
Allora tutto un capolavoro? L’insieme perfetto di elementi Citroën che fanno della CX una sorta di “iper-Citroën”?

No. Purtroppo no.
A rovinare la festa c’è la crisi petrolifera del 1973, con tutto quello che ne consegue, pertanto la CX al momento dell’uscita ha un aspetto più economico, più dimesso rispetto alla serie “D” che va a sostituire. Materiali plastici, pannelli delle porte e rivestimenti vari non si fanno certo ricordare per la loro robustezza o per il loro pregio…a questo proposito: ricordate le finte cuciture sul bordo dei pannelli delle portiere in vera plasticaccia?
Con gli anni si farà…i peccati di gioventù verranno progressivamente attenuati, ed oggi, con mia grande gioia, la CX sta entrando meritatamente nel gotha delle automobili di interesse storico.

Ah….giova ricordarlo, nel mio cuore, come in quello di altri amici Citroënisti, c’è sempre stata.

Mario Siccardo     

ISCRIVITI